Introdurre i Certificati Blu, sulla falsariga dei Certificati Bianchi adottati con successo nel settore dell’efficienza energetica, per supportare attraverso meccanismi di incentivazione le necessarie azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua, che purtroppo nel nostro Paese non è affatto percepita come una risorsa da salvaguardare. È la proposta lanciata dal terzo Water Management Report 2019, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano per riportare al centro del dibattito l’efficientamento idrico e toglierlo dal limbo dove è stato relegato dalla scarsa attenzione dell’opinione pubblica e dal ridotto valore economico dell’ “oro blu”.
“Come è emerso dall’evoluzione del mercato dell’efficienza energetica - spiega Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy&Strategy Group - una policy incentivante per i risparmi d’acqua potrebbe portare, oltre alla mitigazione della barriera economica, a una spinta allo sviluppo di soluzioni di riuso e riciclo della risorsa e a una modifica culturale nell’approccio degli stakeholders al tema dell’acqua, accrescendo la sensibilità sia degli utilizzatori civili che delle imprese”. Certo, a fronte del modesto costo dell’acqua, perché ci sia una reale convenienza nell’investire in innovazione tecnologica occorre che gli incentivi siano cospicui, e questo è possibile solo con una reale presa di coscienza collettiva dell’importanza del risparmio idrico.
Purtroppo, invece, l’analisi contenuta nel Report dimostra con le cifre che nel nostro Paese nessuno percepisce lo spreco di acqua come un problema. “Non se ne preoccupa il mondo industriale - conferma Chiesa - che confessa un impatto trascurabile, o comunque marginale, del costo dell’acqua sul proprio conto economico e quindi non vede perché fare investimenti per ridurne il consumo, anche quando è consistente. Ma non se ne curano nemmeno i gestori del servizio idrico, ossia coloro che ‘controllano’ l’acqua poi consumata nelle nostre case, perché stretti tra lungaggini burocratiche che rendono infinitamente complesso ogni intervento sulla rete e mancanza di lungimiranza politica. Senza dimenticare che ci sono ancora troppe infrastrutture, soprattutto quelle legate alla depurazione, che devono essere realizzate prima di poter mettere mano seriamente al tema delle perdite di acqua e quindi alla riduzione dei prelievi”.
I cittadini italiani, dal canto loro, hanno un consumo idrico pro capite tra i più alti dell’Unione Europea e uno dei costi più bassi, quindi non sono spinti ad azioni concrete di riduzione degli sprechi, come non lo è la politica, molto più impegnata nel dibattito sulla privatizzazione che su quello dell’efficienza idrica. In realtà, il momento è cruciale per gli attori che compongono il complesso ecosistema dell’acqua nel nostro Paese, poiché siamo contemporaneamente alla vigilia dell’entrata in vigore del nuovo quadriennio tariffario 2020-2023 e in Parlamento si sta discutendo la cosiddetta proposta di Legge “Daga” che propone di modificare alle fondamenta la struttura del ciclo idrico integrato.
A cura di www.e-gazette.it